Provo a rispondere a questo delicato argomento attraverso un breve articolo, sperando di fare cosa gradita e tenendo a precisare di non aver avuto tempo di leggere tutti i post, quindi mi scuso se posso risultare ripetitivo o a volte off topic.
“Se vuoi essere un campione, devi aver vinto nella tua mente ogni tua gara, cento volte prima di vincerla nella realtà!” (Martin Liquori).Tra le tecniche più adottate e interessanti in psicologia dello sport per incrementare la performance degli atleti è l'imagery, o visualizzazione, utile nel rafforzare l’efficacia percepita relativa ad aspetti tecnico-tattici, alla gestione delle emozioni e dell’errore, alla capacità di fronteggiare nel modo migliore le situazioni critiche e nuove, coinvolgendo uno o più sensi (Liggett & Hamada), come la vista ma anche il tatto, l'udito, i muscoli, insomma “è un pensiero che riguarda tutto il corpo”.
La visualizzazione, tuttavia, non si limita a una ricostruzione dei dati sensoriali, percettivi, o di memoria. All’immagine, infatti, è spesso associata un’emozione, per cui ricostruzioni o anticipazioni d’immagini possono generare situazioni di piacere ma anche di disagio, e proprio per questo motivo bisogna essere affiancati in questo lavoro/percorso da un esperto che sia in grado di rievocare immagini particolarmente significative e positive.
È necessario distinguere tra imagery mentale (esterna) e imagery cenestesica (interna). L'imagery mentale consiste nel vedersi da fuori eseguire la prestazione, come se si stesse guardando un film o un video della stessa performance. Nell' imagery cenestesica, invece, l'immaginazione diventa più intensa e profonda, l'atleta si sente in prima persona e percepisce realmente il movimento nei muscoli, come ad esempio quando si concentra sul lancio della pallina, sperimentando le sensazioni ed emozioni della prestazione.
Frester (1984) chiama questa tecnica allenamento ideomotorio, ovvero "…tutte quelle forme di esercitazione nelle quali si ha un'autorappresentazione mentale, sistematicamente ripetuta e cosciente dell'azione motoria che deve essere appresa, perfezionata o stabilizzata, senza che si abbia un'esecuzione reale, visibile esternamente, di movimenti parziali o globali". Il funzionamento dell'allenamento ideomotorio si basa sul fenomeno, noto anche come “effetto Carpenter”, che si fonda sul fatto che immaginare un movimento determina una stimolazione, seppure molto lieve, dei muscoli interessati dall'attività immaginativa. Il risultato sarebbe un rinforzo, un consolidamento della traccia mnestica nella memoria del movimento, il che faciliterebbe la successiva esecuzione concreta.
Le tecniche di visualizzazione e di allenamento ideomotorio consentono all'atleta di rilassarsi e di apprendere nuovi gesti o perfezionare quelli già appresi. Poiché questi esercizi richiedono all'atleta di riuscire a mantenere delle immagini mentali stabili o a seguire il loro corso nell'esecuzione mentale di un gesto, intervengono anche nel miglioramento della concentrazione durante l'esecuzione del gesto stesso.
Inizialmente è opportuno richiamare immagini di scene familiari all’atleta, anche non sportive, per indagare e poi sollecitare le capacità immaginative. Diviene così più facile introdurre visualizzazioni sportive specifiche, scegliendo dapprima abilità o strategie agevoli da controllare, riferite ad un ambiente stabile piuttosto che mutevole, e passando poi a concatenazioni di movimenti, abilità complesse, situazioni di competizione. Successivamente, infatti, gli atleti vengono allenati alla rappresentazione mentale di immagini visive, inserendovi stimoli immaginativi polisensoriali e favorendo in questo modo un maggiore coinvolgimento emotivo e cognitivo da parte del soggetto. La sequenza ideomotoria deve essere ripetuta e allenata, ma nel caso subentri un calo della concentrazione va sospesa immediatamente per passare all'esecuzione pratica.
Dalla letteratura emergono alcune indicazioni sul funzionamento dell’immaginazione motoria:
- Il compito scelto deve essere un compito che il soggetto può eseguire senza l’interferenza di altre variabili;
- La maggiore efficacia dell’allenamento, e in particolare dell’immaginazione motoria, si ha in presenza di compiti cognitivamente strutturati e dove è presente una componente simbolica;
- È possibile sperimentare protocolli contenenti musica con sport aventi una forte componente ritmica.
Proprio per questo motivo risulta evidente quanto questo lavoro possa essere applicato, per esempio, al servizio nel gioco del tennis, colpo praticamente privo di interferenze esterne, se non quelle di punteggio, dove v’è la possibilità, in un contesto di allenamento, di verificarne la pulizia del gesto senza far perdere valore al campito motorio, dove l’apprendimento della tecnica viene considerato preliminare all’applicazione della stessa in un contesto di gara; inoltre, il compito richiede un movimento armonico, coordinato e preciso, facilmente associabile anche al concetto musicale di ritmo, scandito da una precisa tempistica interna che l’atleta deve rispettare.
Le ricerche hanno chiaramente dimostrato che le immagini positive, nella routine poco prima di una prestazione atletica, portano a migliori performance, ad esempio, l'utilizzo di auto-istruzioni prima di servire nel tennis porta a una maggiore precisione (Malouff et al., 2008; Taylor & Shaw, 2002;. Woolfolk et al, 1985). Quelle negative, come per esempio le immagini soppressive (dove l’atleta immagina "di non sbagliare"), produce invece cali nelle prestazioni (Beilock e colleghi, 2001), perché la mente spesso non riesce a dimenticare il "non" e le negazioni in una frase, danneggiando l’esecuzione.
Bisogna però fare attenzione ad utilizzare immagini mentali in modo inappropriato, è stato infatti dimostrato che se gli atleti sono alle prime armi e non hanno schemi precisi di competenze, la loro immaginazione mentale potrebbe ricreare delle "cattive abitudini" di pensiero (Hall, 2001; Noel, 1980). Soltanto dopo aver stabilito adeguati livelli di abilità, quindi aver creato una buona base tecnica, la visualizzazione potrà servire ed essere utilizzata come canale per il trasferimento di competenze.
Un’altra variabile importante riguarda la velocità delle immagini mentali riproposte, che possono essere o al rallentatore o a velocità reale. In origine, si riteneva che lo slow motion potesse essere più efficace permettendo agli atleti di isolare elementi di debolezza delle proprie prestazioni, così da poterli modificare e migliorare. Tuttavia, i ricercatori (Holmes & Collins, 2001) hanno suggerito che le azioni e i movimenti a rallentatore possono suscitare schemi neurali diversi da quelli creati durante la prestazione e quindi portare ad errori nella esecuzione effettiva, mentre è opportuno ricrearsi immagini mentali della stessa durata e tempo delle situazioni reali.
La combinazione d’immagini visive e cinestetiche, inoltre, sarebbe più efficace perché aggiunge informazioni alle immagini (Hardy & Callow, 1999), utilizzando tutti i sensi, infatti, si ottiene una rappresentazione più vicina alla situazione reale e, pertanto, dovrebbe aiutare a migliorare le prestazioni (Munroe et al, 2000;. Hausenblas et al, 1999.).
Non devono tuttavia esserci malintesi: lo sviluppo della capacità di visualizzazione è un’abilità psicologica molto importante ma non sostitutiva dell’allenamento, che va programmata ed allenata con l'aiuto di uno specialista. Essa rimane però un’utile integrazione in fase didattica, nei giorni che precedono la gara e durante la gara stessa e un sostituto temporaneo dell’allenamento nel caso di malattia, infortunio o lunghi trasferimenti.
Saluti
Sergio Costa